WEISS CECCARELLI: DUE RECITE SCOLASTICHE DEGLI ANNI TRENTA

di Egisto Fiori_

In anni recenti, Weiss Ceccarelli, zia di mia moglie, per disfarsi di vecchie cose, e al contempo, sapendo di farmi felice, mi ha permesso di frugare nella sua cantina.

Debbo ammettere che le mie ricerche sono sempre state fruttuose. Ho trovato dischi, libri ed altri oggetti che ancor oggi serbo gelosamente. Della raccolta di fotografie sono venuto a conoscenza solo dopo la scomparsa di zia Weiss, avvenuta di recente. Alcune immagini, bellissime, risalgono al primo ventennio del secolo scorso e immortalano momenti particolari ed anche “intimi” della vita della famiglia Ceccarelli e delle altre famiglie con cui si sono imparentati.

Ho quindi scelto di presentare due fotografie relative ad alcune recite scolastiche degli anni Trenta. Si tratta di occasioni che potremmo definire pubbliche e di cui, come era consuetudine, venivano stampate più copie per la vendita.

Inoltre, conoscendo la passione di zia Weiss per il suo lavoro, quello dell’insegnante, e l’orgoglio con cui rivendicava il suo percorso di studi, ho motivo di ritenere che avrebbe gradito la pubblicazione di queste foto che documentano un’epoca e momenti di vita scolastica del passato. Questo può essere un modo, non solo per rafforzare una memoria comune, ma anche per sdebitarsi personalmente delle attenzioni ricevute da una persona che mi aveva preso in simpatia.

zia Weiss Ceccarelli
Archivio privato Fiori-Ceccarelli, Weiss Ceccarelli negli anni Cinquanta.

Weiss Ceccarelli viene alla luce nel 1925, nella vicina Papigno, allora provincia di Perugia. La sua famiglia si trasferisce a Rieti nei primi anni Trenta e suo padre, Guido, diventa noto in città per aver preso in gestione il Mulino di Porta Conca, accanto all’O.R.L.A.

La scelta delle due fotografie deriva da una rara opportunità di comparazione. Le stampe, uguali per formato (23cm x18cm), risalgono alla stessa epoca. Sono state scattate quasi sicuramente nello stesso luogo e apparentemente sono simili per le situazioni rappresentate: alcune persone, tra cui Weiss Ceccarelli, ancora bambina, sono presenti in entrambe le fotografie. Queste due immagini, nonostante le similitudini, sembrano raccontarci due storie completamente diverse e restituiscono emozioni molto differenti. È la dissonanza narrativa, a mio parere, a renderle molto interessanti.

Riconosciamo nelle due foto le medesime decorazioni murali. Ciò ci induce ad affermare che le fotografie siano state scattate nello stesso luogo. Nel retro della seconda immagine viene indicata una data di riferimento e riportato il nome di “S. Caterina”, istituto religioso, che le vecchie generazioni di reatini ricordano certamente.

La scuola è sita nei pressi di Porta d’Arce, a pochi centinaia di metri da dove si trovavano l’abitazione e il mulino della famiglia della piccola Weiss. Dalle immagini possiamo dedurre che per le recite dell’Istituto di Santa Caterina, veniva già utilizzato un teatrino permanente, in grado di accogliere sul palco decine di bambini, di ospitare un ensemble musicale e presumibilmente, anche un pubblico numeroso. Il teatrino esiste ancora e le decorazioni, opportunamente restaurate, sono le stesse riprodotte nelle stampe presentate in questa pagina.

Le decorazioni murali e l’antico sipario sono opera del celebre pittore Antonino Calcagnadoro.

Una delle due foto, quella meglio conservata e in cui compare anche l’orchestrina musicale, riporta nel retro la data di riferimento. Correva l’anno 1935. Nell’altra stampa gli angoli superiori sono mancanti. Ciò non ci permette di essere certi sull’anno in cui fu scattata la fotografia. È possibile leggere comunque il giorno ed il mese. Tenendo conto che le fotografie appartenevano alla stessa alunna, è lecito dedurre che la stampa più consunta preceda l’altra di pochissimi anni.

Grazie ai riferimenti nel retro della stampa, sappiamo che Weiss frequentava allora, la seconda classe. Ci sembra di poterla riconoscere nel terzo “nano” di sinistra. Con le manine si stringe la lunga barba finta e il suo viso, pieno di stupore infantile, contribuisce a rendere la scena ancor più fiabesca, inserita in un tempo quasi indefinito. Bellissimo appare il volto di Biancaneve o forse, di una Bella addormentata che avvolta nel suo candore, sembra riproporre i canoni estetici dell’epoca che si andavano imponendo grazie anche alla diffusione del cinematografo. Il palco è inquadrato integralmente e non è da escludere che la scena sia stata preparata durante un momento di prove dello spettacolo. Il pubblico comunque, non compare.

Osservando la seconda immagine, si respira invece la propaganda di regime. Il palco è sovrastato da un omaggio al Duce. Biancaneve, trasformata nell’Italia avvolta nel tricolore, è attorniata da Balilla e da Giovani Italiane (O.N.B.). Bandierine di carta fanno da cornice all’intero gruppo degli attori. Siamo nel 1935, anno della proclamazione dell’autarchia e alla vigilia dell’avventura in Etiopia. Siamo di fronte ad un’immagine che presenta il carattere dell’ufficialità. Tutti i partecipanti, musicisti compresi, sono presenti. L’inquadratura questa volta è più larga e sembra finalizzata a dissimulare eventuali assenze o possibili “diserzioni disfattiste”. Sul palco, in piedi, possiamo ritrovare uno spaccato della Patria ideale immaginata dal Fascismo. Tra i molti personaggi legati al lavoro e alla vita dei campi, possiamo intravedere, anche se relegato in fondo a sinistra, un ricco capitalista con tanto di cilindro. La figura iconica sullo sfondo, con spighe di frumento, e il bambino al suo fianco, con il falcetto bene in vista, potrebbero far pensare ad una celebrazione coincidente con il decennale della battaglia del grano, lanciata nel giugno del 1925 e indissolubilmente legata a Rieti e all’opera di Strampelli.

Entrambe le fotografie sono state scattate nel mese di febbraio. Questo induce a pensare che le due recite, siano state organizzate durante la ricorrenza del Carnevale, tradizione che a Rieti, una volta, era molto sentita. I volti dei protagonisti non sembrano però trasmettere la serenità e la spensieratezza di una recita carnascialesca. Sembrano piuttosto tesi e preoccupati. Forse allo spettacolo era stata invitata qualche autorità legata al PNF. Non sappiamo se in altre occasioni le recite prevedessero un accompagnamento musicale, ma, in questo contesto, possiamo ammirare in bella posa un’orchestra di tutto rispetto. All’interno dell’ensemble sono infatti riconoscibili valenti personaggi tra cui il violinista Cesare D’Alessandro (l’adulto a sinistra del gruppo) ed il batterista Demetrio Penzo (il primo da destra). I due musicisti sono stati parte del complesso di Dino Fedri, il notissimo pianista reatino, tanto caro a Beniamino Gigli e discendente di un’importante dinastia di organari. Purtroppo, non sono riuscito per il momento, ad identificare il pianista al centro del gruppo e gli altri componenti dell’orchestra. L’indiscutibile livello degli strumentisti porta a pensare che lo spettacolo del 1935, organizzato dall’istituto Santa Caterina, non sia stata una recita scolastica come le altre. Possiamo supporre che l’evento, evidentemente di natura propagandistica e realizzato con un notevole dispiegamento di mezzi e di energie, abbia avuto una risonanza cittadina.