a cura di Francesco Aniballi
Intervistare le lavoratrici della ex Snia Viscosa di Rieti è come aprire una scatola dei ricordi: belli e brutti. C’è la possibilità di ripercorrere la storia di uno stabilimento grazie ai racconti di alcune donne reatine che hanno lavorato nella fabbrica di Viale Maraini. Molte di esse, le prime che varcarono i cancelli del sito industriale, sono decedute mentre altre hanno messo a disposizione i loro ricordi per guidarci in un percorso storico alla scoperta della fabbrica.
Cesarina Castellani, classe 1919, ha lavorato alla Snia per diversi anni. Partiva la mattina da Maglianello, località vicino Rieti, alla volta dello stabilimento industriale. «Sono entrata in fabbrica che ero “ragazzetta” perché ci andavano anche le mie sorelle. Partivamo in bicicletta da Maglianello e andavamo direttamente alla Viscosa». Il tragitto non era di certo agevole soprattutto durante l’inverno o le giornate di pioggia. Infatti se c’era maltempo e neve «dovevamo seguire la scia della ruota dell’autobus che veniva da Roma oppure se pioveva e ci si era bagnati se non si aveva il cambio nell’armadietto si rimaneva con i vestiti fradici finché non si asciugavano addosso» ci spiega Cesarina. Arrivati a Rieti nella fabbrica si timbrava il cartellino e si andava a lavorare. Cesarina si occupava della scelta del cono e poi venne promossa ad operaia specializzata: «dovevamo fare attenzione che non ci fosse nessuna sbavatura sul cono e sul filo. Sono sempre stata al reparto dei coni, non ho lavorato in altri reparti» racconta in una video intervista che ci ha rilasciato.
Ma lo stabilimento Snia per Cesarina ha significato anche trovare l’amore. Infatti ci spiega Cesarina: «ho trovato anche Marito dentro la Snia. Era un assistente edile e spesso, per ragioni di lavoro, camminava per buona parte dello stabilimento. Un giorno andando a pranzo in mensa si mise a piovere. Il mio futuro marito mi vide e mi chiese se poteva percorrere con me un tratto di strada sotto l’ombrello e da lì poi ci fidanzammo». Sono tanti gli aneddoti che ricorda Cesarina della sua permanenza in fabbrica, soprattutto una gita al lago: «non ricordo bene quale fosse la ricorrenza ma andammo tutti al lago chi con il cavallo, chi con il carretto. Io e le mie sorelle ci andammo con il carretto di nostro padre e vestite in costume tipico sabinese stando bene attente a non sciuparlo anche perché era costato parecchio».
Poi venne la guerra e Cesarina ricorda con qualche timore quei momenti soprattutto quando si sentiva il suono della sirena: «quando suonava l’allarme si spegnevano i motori e correvamo svelti verso i bunker per poi risalire, ad allarme cassato, e riprendere a lavorare».
Anche Marisa Giampietri, altra lavoratrice della Snia, ha lavorato dal 1959 nel reparto coni passando poi al fiocco ed in ultimo tornando alla scelta dei coni. Tutto questo fino al 1976 anno della cassa integrazione. Marisa ricorda bene il suo ingresso in fabbrica: era appena maggiorenne e rammenta come si svolgeva il suo lavoro ed anche le difficoltà. «Ero giovane ed avevo anche un certo timore di sbagliare di fronte a tutte quelle macchine. Il momento più critico era l’avvio ovvero quando si doveva preparare la cosiddetta focaccia per metterla in macchina. Il percorso era abbastanza laborioso e andava eseguito con una certa perizia. All’inizio c’erano da governare pochi coni poi con il tempo si poteva arrivare anche a 100».
Marisa ricorda con piacere quei tempi soprattutto il bel rapporto che esisteva con le colleghe più esperte: «le reputavamo delle mamme alle quali chiedere dei consigli». Anche Marisa andava a lavoro in bicicletta si svegliava alle 5.00 e poi dritta a lavoro. «Con le amiche ci radunavamo in un luogo prestabilito e poi andavamo in fabbrica. Attaccavamo la bicicletta nei ganci, operazione complicata e faticosa, e poi si passava al controllo che avveniva più in uscita che non in entrata. E poi si iniziava a lavorare alle 6.00 in punto. Avevamo un camice al quale era attaccato un sacchettino con le forbici, la misurina per misurare il cono». Inoltre Marisa rammenta tutti i suoni, gli odori ed il calore che c’era nei reparti, ma anche molto bene le attività che si svolgevano nel dopolavoro nei pressi dello stabilimento: «Ho bene in mente il cinema dove sono stata anche con mio marito quando eravamo fidanzati, le feste da ballo nel refettorio, e soprattutto le feste della befana».
Giselda Simeoni, invece, si occupava del controllo di qualità del filato. Giselda redigeva, assieme alle sue college ed i suoi colleghi, delle bolle tecniche che accompagnavano il filato da spedire ai vari acquirenti. «Per 12 anni abbiamo lavorato davvero tanto nel redigere questi documenti». Giselda ricorda piacevolmente gli anni che ha trascorso nello stabilimento di Rieti e spiega «io sono andata d’accordo sempre con tutti tanto che addirittura quando ero a mensa la sera tutti mi offrivano qualcosa. Parlavamo molto tra di noi di qualunque cosa anche questioni familiari. Per me la Snia è stata come una famiglia certo, non conoscevo tutti, ma volevo bene a tutti». E poi il ricordo di Giselda va alle molte attività ludiche che ruotavano attorno alla fabbrica. In primis una squadra di calcio che, dice la stessa Giselda «militava in serie C e c’erano delle grandi partite di pallone». Poi una nota personale della vita familiare di Giselda legata alle attività correlate alla fabbrica: «i miei figli hanno iniziato a nuotare – spiega – e a giocare a tennis nei campi e nella piscina della Snia».