di Andrea Scappa_
La nostra compilation di incontri in video con studiosi, archivisti, curatori, docenti e appassionati sul tema degli archivi di famiglia, dal titolo Un tempo ritrovato, si chiude con l’ultima traccia, quella composta da Egisto Fiori. Una traccia sviluppata da Fiori all’interno e intorno al progetto di Didattica Luce in Sabina e aperta agli studenti delle scuole superiori di Rieti, coinvolte nel pcto L’Officina di Didattica Luce in Sabina, che stanno cominciando, dopo la fase della raccolta e della descrizione delle fonti familiari, a costruire le loro narrazioni. Per questo Fiori, oltre ad essere presente nella video-conversazione di Un tempo ritrovato, mostrata alle ragazze e ai ragazzi, ha avuto modo di incontrarli e di instaurare uno spazio di dialogo e di esplorazione, alla pari, su uno stesso tappeto, quello delle storie di famiglia. Non si tratta di un caso, ma di una precisa scelta, di un passaggio di testimonianze vive. Infatti Fiori è, fin da giovane, un cittadino immerso con tutte le scarpe nella complessità del suo tempo, un narratore militante e un alchimista dell’alto e del basso, che esistono nella cultura. Conosce e ha fatto la storia della sua città d’origine, Rieti, dove vive e continua a stimolare un immaginario di pensiero civile e artistico, che poi per lui sono della stessa natura. Con questo vissuto personale poliedrico e in continua evoluzione sulle spalle, Fiori è una figura che accompagna da cinque anni Didattica Luce in Sabina. Fiori ha partecipato ai seminari sull’uso delle fonti audiovisive per la storia, per poi essere parte della redazione della rivista e un animatore-osservatore attento del processo attivato. Per il progetto numerosi sono stati gli affacci di Fiori sui vari componenti della sua famiglia. Questa esperienza, come ci rivela, si è avvitata alla sua passione per la conservazione di oggetti, carte, foto, libri, dischi e gli ha permesso di trovare altri strati di interpretazione, di studio e di racconto sul materiale raccolto da quando era piccolo, anche e soprattutto con l’appoggio di sua nonna Gilda. Abbiamo già avuto modo di frugare nella sua cucina, aprendo la sua scatola di latta, ripiena di ricette appuntate su pezzi di carta strappati e macchiati. C’è però, ovviamente dell’altro. Egisto, all’età di 8 anni andava a passare le estati da lei, nella casa di famiglia a Petrella Salto, in provincia di Rieti. Erano gli anni in cui, nei paesi italiani, giravano i rigattieri, che cercavano di comprare mobili e utensili di valore dagli ignari proprietari, a un prezzo bassissimo o in cambio di plastica colorata, contribuendo alla cancellazione fisica di alcuni segni della società rurale. Ma Gilda, avvisata, non si fa ingannare e, pur non comprendendo l’amore per i “babbi”, le cianfrusaglie del nipote, custodisce quello che si trova nella sua abitazione. Fino alla sua morte diventa l’involontaria detentrice di una memoria da lasciare in eredità.

Così la casa di famiglia, inserita nel cuore di Petrella Salto, può essere considerata una vera e propria macchina del tempo. Da un lato, perché fa parte di un complesso di origini medievali, più grande, di proprietà dei Mareri, un famiglia nobiliare del luogo. Una convivenza e sovrapposizione di architetture, funzioni d’uso, vuoti e chiusi, vicende umane tra le epoche. Dall’atro lato, perché, attraverso la documentazione che si è accumulata al suo interno, la casa riesce ad attivare per Fiori memorie. Il quadernino dei temi di Luigi, suo padre, all’epoca delle elementari, lascia riemergere dai flutti del mare la storia dello zio Bernardino Tribuzi, carabiniere, scomparso nel 1942 nell’affondamento, da parte di un sommergibile britannico, della nave ospedale Galilea, su cui si trovava il battaglione italiano Gemona. I manuali di addestramento militare e la foto in divisa di Egisto Fiori, ragazzo del 1899 e nonno di Fiori, ci trascinano nel fango delle trincee, durante la prima guerra mondiale. Gli spartiti di suo nonno e di suo padre, le foto in bianco e nero della banda del paese al completo, la lista dei soldi raccolti per le varie spese relative alle feste religiose, ci fanno scoprire le canzoni, come Bandiera rossa e l’Internazionale, che fanno capolino tra le marce funebri e gli inni sacri, ma anche il vino consumato in grandi quantità dai campanari e dal complesso bandistico. E, ancora, altri oggetti che si riconnettono con la storia della comunità di Petrella Salto: la pergamena con la ricostruzione della rocca detta di Beatrice Cenci, che sovrasta il paese, e la statua di Sant’Emidio, protettore dei terremoti, da poco restaurata. La prima è stata realizzata negli anni Venti dall’architetto Malgarini, amico di Egisto, segretario comunale, nella casa della famiglia Fiori e raffigura la rocca a diverse altezze cronologiche, dal suo splendore nel Cinquecento fino al declino, divorata dai pini piantati nel periodo fascista. Da quella rocca, a causa del terribile sisma, nel 1915, della vicina Marsica, in Abruzzo, si staccarono dei massi che, fortunosamente, non precipitarono sull’abitato, ma dalla parte opposta, verso la montagna. Quel “miracolo” fu celebrato con l’arrivo in paese di una statua di Sant’Emidio in cartapesta, portato da Sabatino, bisnonno di Fiori, con il suo mezzo da portalettere. E infine ci sono i dischi che, negli anni Sessanta e Settanta, risuonavano nel negozio da coiffeur, uno dei primi a Rieti, di Luigi Fiori o il “geloso”, il registratore con cui Egisto Fiori catturava le canzoni che passavano in televisione. Da qui, andando avanti con gli anni, si apre un’altra storia, ancora tutta da narrare, quella delle radio libere, che hanno visto protagonista Fiori. Consapevoli che la memoria scalpita, vogliamo continuare ad acciuffarla, con la visione e la cura di un’anima preziosa come quella di Egisto Fiori.