a cura di Andrea Scappa
«Ci sono nella natura un’infinità di alberi e ognuno espleta una funzione. C’è l’albero per l’ombra, per il frutto o per il fiore. C’è il cipresso che per la sua altezza non sta mai fermo, prende gli schiaffi del vento ma vede anche tutto e lo riferisce, lo riporta a terra. Io mi immagino nel cipresso. Sono in alto non per un atteggiamento di presunzione ma perché sento il bisogno di stare in alto, di essere colui che non guarda solamente il luogo dove è nato e cresciuto, ma anche fuori. Infatti ogni volta che viaggio riporto la ricchezza che ho trovato fuori nella mia terra, per dare nuova linfa alle mie radici». A prendere la parola è Luciano Minestrella, costruttore di macchine sceniche, regista e animatore della sua compagnia La Mirabilis Teatro societas, nata nel 1983 e che dal 1997 dirige il teatro Manlio di Magliano Sabina, folgorato negli anni Sessanta dal teatro di strada e per molti anni prima macchinista e poi direttore di scena al teatro Argentina di Roma.
Il suo legame con gli alberi è simbiotico: si nutre del contatto rispettoso tra esseri viventi, ha a che fare con l’artigianalità dominante nel suo paese in passato, porta in eredità la manualità e la competenza del padre muratore e entra nel vivo sulle assi del palcoscenico. Le sue macchine sceniche, tutte in legno, abitano la chiesa di San Michele a Magliano Sabina, trasformato in uno spazio immersivo, ripensato e riconnotato dallo stesso Minestrella in una dinamica di apparizione e sparizione, buio e luce, smarrimento e magia, che si rifà alle macchine sceniche del Quattrocento fiorentino e più in generale al mondo teatrale. Qui, tra due alberi sdradicati e sospesi, appoggiati come guardiani silenziosi alla parete frontale e posteriore della chiesa, le macchine sceniche, che in una stagione precedente della sua carriera erano il corpo vivo dei suoi spettacoli, divengono installazioni. Alcune di queste macchine escono spesso dalla chiesa, e, insieme al loro creatore e a macchine nuove, viaggiano, vengono ospitate in spazi altri. Minestella, che con le sue creazioni spinge a guardare il mondo da un punta di vista diverso, complesso e inedito, entra in dialogo con questi luoghi e anche le sue macchine “storiche” riescono a trovare nuova forma e sostanza mutandosi in installazioni site specific.
Tra le tante macchine sceniche due sono state concepite appositamente per Magliano Sabina: La macchina del tempo e La natività. La macchina del tempo è un omaggio alle tradizioni contadine di Magliano Sabina. Nel celebrare la ciclicità delle stagioni che determina le giornate di festa e di lavoro la macchina gira di continuo in un eterno movimento facendo scomparire il sole e sorgere la luna e viceversa. In questo fluire del tempo due attori, un uomo e una donna, specchio del binomio ricreato nella macchina, festeggiano la fine della trebbiatura. In quell’aria di svago però aleggia anche la morte, che non è altro che l’altra parte della stessa vita.

Per quanto riguarda l’altra opera alla fine degli anni Novanta del secolo scorso, quando comincia a diffondersi quasi come una moda la pratica dei presepi viventi, Ministrella, proseguendo nel solco della sua ricerca sul teatro rinascimentale italiano, controcorrente, sceglie di donare al suo paese La natività, uno spettacolo sviluppato attorno ad una complessa macchina scenica. Così dal 1995 per tre anni La natività va in scena nella chiesa romanica di San Pietro a Magliano Sabina e approda in seguito a Roma, anche in occasione degli eventi per l’apertura e la chiusura dell’anno giubilare.