IL KARNHOVAL ATTRAVERSO LE SCHEDE DI ADESIONE DEGLI ARTISTI

a cura di Maria Giacinta Balducci e Liana Ivagnes

Una festa risulta condivisibile se è vissuta e resa propria tramite valori, significati e simboli condivisi da tutti gli spettatori invitati a prenderne parte. L’obiettivo che si poneva il Karnhoval era appunto di creare in maniera assolutamente innovativa, con uno spirito di “rottura”, un modo nuovo di comunicare tra artisti e spettatori, in spazi che non fossero quelli convenzionali, ma in luoghi dove si potessero attuare scambi e interazione culturale e creativa, proprio per annullare quella distinzione tra artisti e non artisti.

È stata una sorprendente rivelazione scoprire che, alla fine degli anni Sessanta, Rieti è stata protagonista, di una grande manifestazione dal 13 al 18 febbraio 1969, forse anche inconsapevole protagonista, di un progetto così ambizioso come quello di organizzare il Karnhoval, un Carnevale internazionale degli artisti.

Una manifestazione che, nonostante i tanti dubbi e difficoltà organizzative, fu appoggiata e sostenuta dalle istituzioni cittadine soprattutto perché contribuisse a portare l’immagine di Rieti oltre i confini provinciali.

E su questo non ci sono dubbi, la risposta che ne conseguì fu veramente straordinaria, non solo dall’Italia ma anche dal resto dell’Europa e oltre.

Dall’esame delle schede di adesione all’evento da parte degli artisti si evince infatti che furono in molti ad aderire; di 172 schede ben 47 furono sottoscritte da artisti stranieri e le restanti da artisti italiani, di cui dieci reatini. Molti provenienti soprattutto dalla Francia, ma anche Inghilterra, Svizzera, Germania, Olanda, Spagna, Jugoslavia, Austria, per non parlare del Giappone e Stati Uniti. Per l’Italia molti da Roma, poi da Milano, Torino, Firenze Napoli, Bologna, Modena, Genova, Macerata, Terni.

Nomi già allora famosi, o che lo sarebbero diventati successivamente. Alcuni esempi?

L’allora ventenne Dario Bellezza che di certo non ha bisogno di presentazioni, Claudio Parmiggiani, allievo di Giorgio Morandi una delle figure maggiormente significative dell’arte visuale del secondo Novecento. C’erano poi le fotografie di Franco Vaccari, le poesie visuali con scrittura simbiotica di Ugo Carrega, le istallazioni dello scenografo e musicista elettronico Maurizio Nannucci, così come i quadri introspettivi e gastaldici di Francesco Guerrieri. Fu anche l’occasione per una contaminazione degli artisti reatini come Francesco Bellardi, Nicola Ravaioli, Franco Margutti, Mario Guadagnoli, Adeodato Ciotti, Enzo Palermo, Letizia Grossi, Sergio Brandi.

C’erano poi diversi artisti da ogni parte del mondo: il regista Thomas Stuk, la pittrice Laura Luoratoll, il pittore Kuri Tsumjimoto, le opere plastiche di Mihai Olos, la musica di Guru Guru Grove.

Tutti gli artisti nel comunicare la loro adesione all’evento, oltre ai dati biografici e professionali, spesso nella scheda aggiungevano in che modo intendevano partecipare e con quale proposte. E qui veramente si apre un mondo, talmente variegato e bizzarro, che andrebbe speso molto tempo per analizzarne una per una.

Solo per citare alcune delle proposte:

«costruzione di uno spazio mobile “respiro” o giuoco collettivo» 

«concorso dell’oggetto più inutile»

«interverrò personalmente per opere da realizzare sul posto»

«oggetto forse anche collettivo (sigla Torino Zero)»

«computer music – poesia – oggetto in piazza»

«rottura … creare nuovi fatti culturali»

«fluidi fluorescenti itineranti in ambiente buio»

«invierò poesie visive … esplosione totale»

«vorrei costruire un parco di alberi e cespugli di legno da portare a passeggio per la città»

«la poesia fatta da tutti e la rivoluzione proletaria sarà una festa! (della miseria nell’ambiente artistico)»

«assemble happening iperpolitica contro il vero (l’altro) carnevale del potere etc …»

«grande rito alchemico: trovare la pietra filosofale»

«molte e assurde»

«pubbliche flagellazioni ai borghesi e ai partecipanti»

«pezzi teatrali d’avanguardia»

…e tante altre ancora.

Un carnevale, quindi di rottura, nelle strade e nelle piazze che intende stupire con nuove forme di divertimento; quindi non solo sfilata di carri, gruppi mascherati, luna-park, ma anche mostre, spettacoli teatrali, cabaret letterari, pittura, una sorta di happening continuato, dove gli artisti non vogliono offrire oggetti preconfezionati a fruitori passivi, ma prodotti culturali inventati insieme alla gente, nei normali spazi di vita urbana, con materiali portati da loro, sperimentandoli anche al momento, con la gioia e la curiosità di esplorare cose e mondi nuovi.