a cura di Gabriele D’Autilia
È una strana guerra quella combattuta in Italia dagli americani nel 1918. Minacciati nei loro interessi dagli attacchi sottomarini condotti dalla Germania nell’Atlantico per ostacolare gli aiuti materiali ai suoi nemici, nell’aprile del 1917 gli Stati Uniti di Wilson fanno la loro scelta di campo e mobilitano un imponente potenziale economico a favore dell’Intesa. Più complicato è organizzare un esercito adeguato alle dimensioni e alle necessità della guerra moderna, che sarà infatti operativo in Europa solo quando l’ultimo anno di guerra è iniziato da un pezzo. Alla fine però i soldati americani saranno circa due milioni e il loro contributo risulterà decisivo per le sorti del conflitto.
In Italia giunge il 332° Battaglione di Fanteria, nel complesso qualche migliaio di uomini, pochi, che per di più hanno ricevuto l’ordine, concordato con gli alleati, di non combattere. Fin dalla sua entrata in guerra l’Italia non ha ricevuto molta considerazione, sul piano militare, da parte dell’Intesa, e inoltre dopo la disfatta di Caporetto dell’ottobre 1917 è divenuta ancora più inaffidabile: si decide allora di inviare i doughboy non a combattere ma a esibirsi in innumerevoli sfilate per incoraggiare gli italiani a risollevarsi da quel trauma militare e insieme psicologico che ha reso precaria la situazione non solo al fronte ma anche all’interno del paese. Quella del 332° sarà quindi non una guerra ma uno spettacolo: gli italiani devono credere di essere sostenuti militarmente dal gigante d’oltreoceano che immaginano, grazie anche alle lettere e alle fotografie che da decenni gli emigrati inviano a casa, invincibile.
È questo il soggetto del film documentario di Roland Sejko, Gabriele D’Autilia e Luca Giuliani, Come vincere la guerra, prodotto dall’Istituto Luce e dalla Presidenza del Consiglio per il Centenario della Grande Guerra. Il film però non vuole essere una semplice ricostruzione della vicenda dei soldati americani in Italia: la disponibilità e la ricchezza di materiali filmici inediti, individuati presso il National Archives di Washington e che riguardano sia la guerra europea che quella italiana, ha permesso di costruire un suggestivo racconto visivo che vuole soprattutto restituire allo spettatore il clima di quel momento difficile: il senso di smarrimento determinato da una guerra di cui non si vede più la fine, la speranza animata dall’attesa dell’arrivo dei nuovi e sconosciuti alleati, l’orgoglio di un paese capace di fare da sé e animato dalla volontà di dimenticare l’umiliazione di Caporetto.