NOSTALGHIA: NELLA PIANA DI SAN VITTORINO SULLE ORME DI TARKOVSKIJ

a cura di Egisto Fiori 

In Nostalghia, film del famoso regista russo Andrej Tarkovskij uscito nel 1983, si possono ammirare immagini del paesaggio toscano e sabino. La “nostalghia” che pervade l’intera pellicola si sposa perfettamente con l’essenza storica e mitologica dei luoghi dove vengono girate le scene nell’autunno del 1982. Alle suggestioni evocate dalla cripta della chiesa di San Pietro a Tuscania, dall’Abbazia di San Galgano, da Bagno Vignoni, dal paesaggio della Val d’Orcia si uniscono quelle della chiesa allagata di Santa Maria in San Vittorino, nei pressi delle sorgenti di Cotilia che, conosciute con il nome di “Terme di Vespasiano”, si affacciano sulla vallata del fiume Velino, a ridosso della via Salaria per L’Aquila.

L’area dove sorge il sito è caratterizzata da una abbondante presenza di acque mineralizzate sotterranee che esercitando una forte azione corrosiva del sottosuolo hanno determinato non solo la nascita di piccoli bacini come il Lago di Paterno ma anche lo sprofondamento di terreno, particolare fenomeno noto come “sinkhole”, come testimoniato dalla chiesa dedicata proprio a San Vittorino, edificata nel XVII sec. su un’area sorgiva, la cui navata è attualmente sommersa dalle acque. Secondo il geografo Riccardo Riccardi, l’imponenza con cui l’erosione carsica si manifesta nella Piana di San Vittorino non ha uguali in tutta Italia. Tutta la zona è interessata da vene e fonti ricche di zolfo che emanano emissioni e vapori di anidride solfidrica. Così Santa Maria in San Vittorino, “la chiesa che sprofonda”, assume nel film per le sue caratteristiche un connotato simbolico molto importante.

Sono passati circa 35 anni dalle riprese di Tarkovskij nella chiesa di San Vittorino. La progettazione e l’esecuzione dell’edificio furono realizzate dal maestro Antonio Trionfo, originario di Domodossola ed i lavori furono ultimati nel 1613. Purtroppo, l’edificio era destinato a vita breve. La chiesa iniziò lentamente a sprofondare ed un probabile aumento di flusso della sorgente d’acqua che sgorga all’interno della costruzione, contribuì all’ulteriore cedimento di gran parte delle volte e di altre strutture.

Nel film il protagonista Andrej Gorčakov raggiunge l’ingresso principale dell’antico tempio, vistosamente inondato, camminando nel corso d’acqua, costeggiato da rive erbose. Attualmente, la facciata della chiesa è in gran parte coperta dalla vegetazione e seguire il percorso rettilineo di Andrej è decisamente difficoltoso, per non dire impossibile. Risalendo il viottolo che si immette sulla Salaria, è possibile seguendo un sentiero, infiltrarsi tra la vegetazione e scendere fino a raggiungere l’ingresso della chiesa, attraverso il quale fluisce rigogliosa l’acqua di sorgente. È proprio in questo luogo che ci sembra di poter individuare il punto in cui, durante le riprese del film, era stata collocata, distesa sul fondo, una statua d’angelo. Il frontone del tempio si erge pochi centimetri più in alto delle nostre teste e seminascosta dalla vegetazione, scopriamo una scritta in lingua latina e la data di costruzione, risalente ai primi anni del ‘600. Utilizzando vecchie passerelle di legno è possibile accedere all’edificio. Si entra a capo chino, facendo attenzione a non scivolare ma una volta all’interno, ciò che appare alzando lo sguardo è stupefacente e di inquietante bellezza. La sensazione è quella di essere passati oltre, sotto un altro cielo, attraverso un portale spazio-temporale. Tutto è apparentemente immobile ma al contempo, si è immediatamente pervasi dalla vita emanata dalle piante, dagli esseri nascosti tra le canne ed i cespugli, dai miliardi di microorganismi, seppur invisibili.

Lo sguardo scorre lungo i bordi irregolari di ciò che è ancora rimasto in piedi. Fichi selvatici ed altri arbusti, mostrano le loro radici abbarbicate alle pietre e ad una semplice manciata di terra. Quasi sospesi nell’aria, annodati su loro stessi, raccontano la lotta tra luce e gravità. La natura si sta riappropriando di ciò che gli uomini, vinti nell’orgoglio, hanno dimenticato.

Nonostante ciò, è ancora possibile individuare alcuni angoli suggestivi ricollegandoli con precisione ad alcuni momenti della realizzazione del film. Sulla destra, ad esempio, sui resti di un ballatoio in pietra, troviamo due aperture. Da queste esce Angela, la misteriosa bambina a cui il protagonista del film, nel corso delle sue riflessioni ad alta voce, si rivolge porgendo delle domande. Durante una ripresa in campo largo realizzata dal regista russo, è possibile notare una croce patente dipinta su una parete. Oggi è difficile individuarla perché è probabilmente nascosta alla vista dalla folta vegetazione. Una croce del tutto simile è però presente sull’arco che conduce all’esterno. A differenza di altre pitture, le croci, sebbene scolorite, resistono ancora all’usura del tempo e dell’umidità.

Immerso nell’acqua fino alle ginocchia, il protagonista del film confessa: <<Qui è come in Russia. Non so perché. Non so>>. Il desiderio pur contorto, delle radici, viene sottolineato anche dalla recitazione tra le acque della chiesa di S. Vittorino, di un testo poetico scritto da Arsenij Tarkovskij, padre del regista:

Si oscura la vista

La mia forza sono due occulti dardi adamantini,

Si confonde l’udito per il tuono lontano

della casa paterna che respira

dei duri muscoli i gambi si infiacchiscono,

come bovi canuti all’aratura

e non più quando è notte alle mie spalle splendono due ali

nella festa, candela, mi sono consumato

all’alba raccogliete la mia disciolta cera

e, lì, leggete chi piangere, di cosa andar superbi

come, donando l’ultima porzione di letizia:

morire in levità

e al riparo d’un tetto di fortuna,

accendersi postumi

come una parola.

Immergendosi nelle trasparenze di S. Vittorino, costeggiando le rive del laghetto di Paterno, respirando i miasmi sulfurei delle sorgenti, ambivalenti fonti di morte e di rinascita, ci si rende conto di essere precipitati in un luogo della memoria, irrimediabilmente rapiti dal genius loci e legati da un invisibile cordone ombelicale al culto della Grande Madre, a riti ancestrali e leggende misteriose.