Dopo il primo gruppo di storie del pcto “L’Officina di Didattica Luce in Sabina” ecco il secondo.
Stavolta l’immagine di copertina è un preludio all’estate imminente e ci porta al Terminillo.
Aurora Lutta con due scatti rientra nelle attività commerciali di famiglia ormai chiuse, prima a Rocca Sinibalda e poi a Rieti. Roberta Salvemini con alcune sue compagne di classe illustra il rapporto che il nonno ha avuto con i libri lungo tutto l’arco della sua vita. Letizia Cavuoto fa affacciare suo nonno insegnante da una foto di classe dell’inizio degli anni Novanta. Giorgia Martellucci, mediante un lavoro a più mani, costruisce un frammento letterario ambientato nel bar di famiglia a Roma.
Immagine di copertina: Archivio di Stato di Rieti, Fondo EPT della Provincia di Rieti, Terminillo. Illustrazione di Jacopo Romani.

Il mio nome è generi alimentari. Abito in via Roma, nel piccolo paese di Pantana di Rocca Sinibalda e le mie quattro mura hanno visto crescere la famiglia Lutta. Prima ho osservato Domenico e Lucia servire i loro amati clienti compaesani con un grande sorriso. Mi ricordo poi di quando, nel 1961, le chiavi sono passate al loro figlio Antonio e a sua moglie Lucia, un’altra Lucia. Essendo l’unico negozio di alimentari disponibile nel paese, i suoi abitanti venivano tutti da me per qualsiasi cosa, soprattutto per usufruire, all’entrata, del mio posto telefonico pubblico per chiamare i familiari lontani. Vendevo di tutto dai tabacchi alle bombole a gas per le case oltre ovviamente a cibi e bevande. Adesso la mia stanza è diventata la sala della casa che appartiene ai figli di Antonio e Lucia.
L’alimentari della famiglia Lutta

Sono un bancone e faccio parte della frutteria che nell’anno 1973 ha aperto le porte ai cittadini reatini. Si trovava nella rinomata via Cintia, di fronte al negozio di Sanitaria e alla Casa del Tortellino. Alle mie spalle ci sono Lucia e Antonio così fieri di tutto il lavoro che hanno fatto per essere arrivati fin qui. Si sono trasferiti in città da poco e ho avuto la fortuna di conoscere i loro figli Irene e Fabrizio, che ogni giorno appoggiavano su di me libri e quaderni per fare i compiti di scuola. All’età di 15 anni Fabrizio ha poi iniziato a lavorare come barbiere per cinque mesi proprio nel salone qui vicino. Mi hanno fatto compagnia per ben 12 anni fino al 1985, ultimo anno in cui Antonio e Lucia si trovavano qui vicino a me a vendere frutta e verdura.
Il bancone del negozio della famiglia Lutta
Narrazione di Aurora Lutta (IIS “Elena Principessa di Napoli” – Liceo linguistico)

“La passione per la lettura mi è stata trasmessa in casa. Mia madre collezionava i romanzi a puntate che uscivano con «La Domenica del Corriere». Ricordo lo scomparto con i tubi in cui mia madre arrotolava le pagine delle varie uscite non in base all’annata, ma a ricomporre un racconto”.

“Dovevo scalare la libreria di casa per raggiungere l’edizione della Divina Commedia, illustrata da Gustave Doré, non tanto per leggerla quanto per guardarne le suggestive immagini, in particolare quelle dell’Inferno. Essendo un ragazzino, mi attraevano per il diabolico e il macabro. Il mio gradimento scemava man mano che si saliva verso il Paradiso”.

“Dopo la laurea mi sono trasferito da Foggia a Roma, dove già avevo vissuto, Nel 1962 mi sono trasferiti da Foggia a Roma per frequentare il corso di laurea in Scienze statistiche ed attuariali. Altri tipi di libri sono diventati compagni di studio prima e di costante aggiornamento professionale poi, una volta laureato”.

“Molti dei libri che non mi ero potuto portare dietro li ho ricomprati in età adulta e ancora sono nella mia libreria, vicino alla quale passo il tempo, immerso nella lettura, ora che sono pensionato”.
Narrazione di Roberta Salvemini, Melissa Nobili, Martina Sacconi, Gaia Zini (IIS “Elena Principessa di Napoli” – Liceo artistico)

Ciao a tutti, sono Goffredo Cianfrocca, quello con gli occhiali al centro della foto. Insegno Storia e Filosofia al Liceo Classico “Marco Terenzio Varrone” di Rieti. Vi parlo dal 1991, dalla classe III A, in occasione di una foto di gruppo. Quella borsa che si vede sulla cattedra è la mia cara ventiquattrore di pelle, compagna di lavoro ma anche e soprattutto di vita. Ne sono affezionatissimo, infatti la porto sempre con me. È il mio “cappello magico”: potreste trovarci qualsiasi cosa! Comunque piena, fin dentro la più piccola tasca, di fogli e biglietti vari, ma anche scontrini sul cui retro appunto sempre un pensiero, un’idea “urgente”, da fissare subito così come mi è passata per la testa per il libro che sto progettando o per la prossima lezione. Una borsa con il doppio o addirittura terzo fondo, come mi dicono, per quante cose ci tengo. Dentro ci potete trovare penne senza tappo, mozziconi di matite spuntate che attempero anche con un coltellino multiuso, pezzi di gessetti… Non è detto invece che ci troviate i libri adottati nelle varie classi in cui insegno (magari altri) perché me li faccio prestare dai ragazzi, e in realtà non mi servono proprio: non sto mai alla cattedra, ma giro per i banchi e discuto con loro, faccio schemi alla lavagna… I miei studenti sembrano contenti di fare lezione con me, si divertono e imparano allo stesso tempo, perché per attirare la loro attenzione e tenerla viva cerco sempre di scherzare con loro, di intervallare battute e di coinvolgerli attivamente, anche per rendere le mie materie meno pesanti e stimolare maggiore interesse. Nella borsa, magari al posto di un libro, durante i lavori per la nuova casa, ci infilavo perfino un martello, cosicché nelle ore di buco scappavo lì per battere qualche chiodo… Non a caso mi chiamano anche “Mastro Geppetto”, perché ho sempre avuto l’hobby del bricolage e dell’attività manuale. Magari mi sfugge qualche datarella precisa, ma per me la storia è racconto per contesti, epoche, problemi e tematiche. Forse sono più filosofo, dicono, perché sembra che ho sempre la testa tra le nuvole, ma è che sto sicuramente “rimuginando” qualcosa, sono assorto nelle mie meditazioni!
Narrazione di Letizia Cavuoto (IIS “Elena Principessa di Napoli” – Liceo linguistico)

Un gelato d’altri tempi
“Può darmi una coppetta alla fragola per favore?”. Ed eccomi qui, tra le mani di questo bambino, mentre ripenso alla mia storia. È mattina, non so che ore siano, probabilmente troppo presto, Vittorio è venuto a prendermi dal pastore ed ora sono dentro al mio contenitore di vetro sopra il bancone del suo emporio. I bambini sono davvero vivaci oggi e corrono per tutto il negozio alla ricerca di qualcosa per fare colazione prima di andare a scuola. Ora per me è arrivato il momento di recarmi al bar di Secondo che gestisce insieme a sua moglie Iolanda. Sta in via Etruria, a Roma. Dentro il laboratorio vedo molte cose, accanto a me ci sono delle uova e delle fragole troppo mature per essere comprate dalle famiglie. Secondo mi sta mettendo insieme alle uova dentro una macchina, mi sembra di aver letto Carpigiani sopra di questa, e ci sta immergendo nella salamoia, tutto gira, sembra quasi di essere su una giostra. Ora tutto si è fermato ed anche con un po’ di giramento di testa riesco a vedere Secondo che passa le fragole facendole diventare marmellata per poi aggiungerle al nostro composto. Ora ho molto freddo, sembra di essere in un congelatore, riesco a vedere l’interno del locale e noto un bambino dall’aria familiare entrare. Ah ecco, è uno dei figli di Vittorio, si avvicina al bancone e fa una domanda “Può darmi una coppetta alla fragola per favore?”. Questa è la mia storia, sono proprio un gelato di altri tempi.
Narrazione di Giorgia Martelluci, Francesco Santilli, Aurora Gaudioso, Chiara Zanin (IIS “Celestino Rosatelli” – Liceo scientifico opzione Scienze applicate)