di Maria Giacinta Balducci e Liana Ivagnes
Negli ultimi mesi del 1968 anche a Rieti si respirava un’aria di novità soprattutto in ambito culturale tanto che ci fu chi per dar voce alle ultime tendenze, soprattutto in ambito artistico e musicale, organizzò manifestazioni come la “Parata di primavera” o Festival dei complessi, fatto culturale e di costume di grande portata. In questo clima nacque l’idea del Karnhoval. Al tempo Rieti soffriva particolarmente di un forte isolamento, fino al punto di essere quasi sconosciuta come città e come territorio. È emblematica una frase che si legge in una delibera dell’Ente provinciale del turismo relativa alla manifestazione del Karnhoval: «…contribuirà a far conoscere il nome di Rieti, ad individuarlo geograficamente e impedire che continui il tanto lamentato vezzo di confondere la targa automobilistica attribuendola a Rimini».
Di fatto fu proprio l’allora direttore dell’Ente provinciale del turismo di Rieti, Loris Scopigno, che in una assolata domenica di ottobre del ’68, dopo essere stato attento quanto attonito spettatore di quella “Azione in Piazza” che si espresse in un vero e proprio spettacolo di happening di alcuni artisti venuti per l’occasione da Roma che insieme ad artisti reatini del gruppo Llullallaco trasformarono la piazza principale di Rieti in una vera e propria kermesse, trovò lo spunto per affidare all’ideatore di questa iniziativa di piazza, nella persona di Alberto Tessore, l’incarico di organizzare le future manifestazioni carnevalesche.
Era il 18 dicembre 1968 quando l’A.A.T. insieme all’E.P.T. di Rieti firmano il contratto con il quale affidare ad Alberto Tessore l’organizzazione del Carnevale degli artisti per l’anno 1969. Fu una decisione molto sofferta, soprattutto da parte dei consiglieri dell’A.A.T., che manifestarono molti dubbi sulle novità dell’iniziativa che poteva non riscontrare il consenso della cittadinanza, ma si arrivò ad ottenere un voto favorevole soprattutto sulla considerazione di cui al punto, cioè con la finalità del richiamo turistico e con il fare pubblicità al territorio reatino. Il carnevale tradizionale esercitava ormai un richiamo circoscritto alla città e alle sue frazioni, mentre con questa iniziativa, che avrebbe coinvolto un certo mondo di artisti italiani ed esteri, si poteva ottenere il massimo risalto anche dalla stampa più accreditata d’Italia e internazionale.
Dai comunicati stampa relativi alla programmazione del Karnhoval, infatti, leggiamo che diversi quotidiani, a più larga tiratura, si interessarono all’evento che avrebbe coinvolto tutta la città di Rieti, come anche il Terminillo.
In un articolo del quotidiano «Il Giorno» del 29 gennaio 1969 si annuncia l’organizzazione, a Rieti, di un Carnevale degli artisti, presentandola come la sperimentazione di un carnevale unico nel suo genere, creato dagli artisti per incontrare il pubblico, presentando le loro opere, con lo scopo principale di farsi conoscere e rendere partecipi gli spettatori delle loro proposte. Sempre lo stesso quotidiano, ma nella pagina dedicata alla cronaca di Modena, fa riferimento al carattere innovativo, certamente inusuale, del programma e alle numerose adesioni di artisti internazionali, che, l’11 febbraio, a detta del cronista erano giunte a 150.
La cronaca di Rieti de «Il Messaggero» del 9 febbraio, con un articolo dal titolo Ai nastri di partenza il Karnhoval, proprio in base alle adesioni di oltre 220 artisti, europei ed extraeuropei, prevede uno strepitoso successo. Più prudente appare «Il Tempo», che in cronaca di Rieti, il 30 gennaio 1969, usa abbondantemente il condizionale, annunciando che «il corso carnevalesco degli artisti dovrebbe costituire una felice novità». Si annuncia anche qui la presenza di artisti da tutto il mondo e si confida sulla risonanza che la manifestazione dovrebbe avere in campo nazionale, dato l’arrivo di cronisti accreditati inviati dalle principali testate a tiratura nazionale, della R.A.I. e di giornalisti stranieri. Ovviamente tutto ciò era prevedibile, dal momento che il comitato organizzatore era costituito da Emilio Villa, per l’Italia, da Wolf Vostell, di Berlino, dal francese Julien Blaine e dal londinese John Hopkins. L’articolo riporta anche una descrizione abbastanza dettagliata degli eventi, dalla quale traspare, in ogni modo, una notevole aspettativa, in particolare per quanto riguardava l’allestimento del luna park e dell’utilizzo, comunque, della piazza Potenziani, con l’istallazione del totem del carnevale. Questa parte del programma annuncia, infatti «l’apertura dei box del luna park, nei quali figureranno giochi, eventi e opere degli artisti».
In un piccolo trafiletto della cronaca di Rieti de «Il Messaggero», il 10 gennaio si descrive il futuro carnevale degli artisti reatino come un evento che vuole porsi alla ribalta internazionale, si spera in un notevole richiamo di pubblico e in un lancio, almeno sul piano nazionale, delle iniziative progettate. Nella pagina di cronaca locale della stessa testata, il 30 gennaio, con il titolo Adesioni al Karnhoval dagli artisti di tutti i continenti, si insiste sul carattere internazionale delle nuove manifestazioni in programma. Non si dà, infatti, tanto peso al consueto spettacolo del Carnevale dei bambini, quanto alla mostra delle opere e degli oggetti d’arte che si dovrà tenere nel foyer del teatro Flavio, proprio perché avrà questa caratteristica di internazionalità.
Anche «L’Avvenire», il 2 febbraio 1969, annuncia l’arrivo di artisti da tutto il mondo che si daranno convegno a Rieti per il Karnhoval. In generale, la maggior parte dei cronisti, pur presentando l’intero programma, pone l’accento proprio sulle previste performances degli artisti piuttosto che sulle manifestazioni tradizionali, come il concorso delle mascherine dei bambini o la sfilata dei carri: quanto a quest’ultima, peraltro, ci si attendevano realizzazioni più tradizionali o, al limite, improntate alle future conquiste spaziali, come preannunciato.
Con l’inizio dello svolgimento delle manifestazioni programmate all’aperto, sabotate dalle inclementi condizioni meteorologiche, il tono delle cronache cambia radicalmente. «Il Giornale d’Italia» del 18 febbraio, oltre alle prevedibili critiche dovute all’orientamento della testata, titola: Il Karnhoval di Rieti gioca oggi la sua ultima carta. L’articolo ridimensiona già le aspettative riferibili al corso mascherato e, molto freddamente, non apre a giustificazioni di sorta, dovute al maltempo. Probabilmente le installazioni nel parcheggio A.C.I., danneggiate anche dalle condizioni atmosferiche avverse, hanno maggiormente incentivato il giudizio negativo, alquanto prevenuto, del cronista. Dopo lo svolgimento dell’ultima parte del programma, ossia la sfilata dei carri e la “tenia spaziale”, la stampa locale si prodiga in una serie di articoli e trafiletti con stroncature varie, alimentate anche dal fatto che le rappresentanze politiche cittadine procedettero ad un interrogazione in consiglio comunale. A questo punto non si sa se, tra lettere ai giornali, articoli e successive repliche, soffiarono maggiormente sul fuoco i politici o i giornalisti e se il problema principale di ambedue le categorie sia stato l’incomprensibilità della manifestazione, il suo essere stata, forse, troppo di nicchia, o il bilancio delle spese sostenute con denaro pubblico, come più verosimilmente, in ambito reatino, e a distanza di cinquanta anni, si può pensare.
In ogni caso lo scopo di far uscire, metaforicamente, Rieti fuori dalle sue mura medievali era stato raggiunto.