INTORNO AL KARNHOVAL

di Egisto Fiori

Spero, ho fiducia che non verrà mai

da me l’ignominioso buon senso.

Vladimir Vladimirovic Majakovskij

 

A cinquanta anni di distanza, l’Archivio di Stato di Rieti ha avuto il merito di accendere i riflettori su un evento importante che ha visto come scenario, nel febbraio 1969, il centro storico del capoluogo sabino. Il Karnhoval, il Carnevale internazionale degli artisti, rischiava infatti, in primo luogo per le nuove generazioni, di rimanere una sorta di leggenda cittadina. Si è detto più volte, a torto o a ragione, che quell’evento non fu compreso ed il peso di questa probabile incapacità ha comunque rischiato di far sprofondare nell’oblio una delle manifestazioni più interessanti di quegli anni.

La mostra, il catalogo, la testimonianza di chi organizzò quel momento straordinario oppure vi partecipò, permettono oggi di ricomporre un mosaico di esperienze artistiche dirompenti di cui è necessario tener memoria. Allo stesso tempo, questa congerie di elementi, oggi finalmente fruibili, ci consente di interrogarci sulle possibili impronte culturali lasciate in città da una Kermesse il cui scopo non può essere ridotto al semplice épater le bourgeois.

Pur nel riconoscimento della sua specificità ed unicità, è forse opportuno contestualizzare il Carnevale internazionale degli artisti e considerarlo come il prodotto di un processo complesso e di un movimento internazionale molto articolato che da tempo, anche localmente, aveva cominciato faticosamente ad affermarsi.

La sua ideazione infatti, si deve a delle personalità di spicco che in quegli anni, pur attingendo molto alle avanguardie artistiche dei primi decenni del secolo, cercava un loro superamento e lo faceva in un contesto politico, sociale e culturale posto decisamente in discussione da poderosi movimenti di protesta animati in primo luogo, da studenti e giovani.

il Carnevale internazionale degli artisti di Rieti pur con defezioni e problemi di varia natura addebitabili anche ad una forte nevicata, si svolse dal 13 al 18 febbraio 1969. Erano tempi difficili e convulsi ma non solo per il maltempo. Neanche un mese prima Jan Palach si era dato fuoco per protestare contro l’invasione sovietica della Cecoslovacchia. Da lì a qualche mese i giovani si sarebbero radunati a Woodstock ed il primo uomo avrebbe messo il piede sulla luna. Il costante riferimento del Karnhoval all’avventura spaziale non è per niente casuale. Il ‘69 fu un anno denso di avvenimenti che in Italia, si concluse con l’autunno caldo operaio.

Le polemiche contro la kermesse, alimentate soprattutto dalle dichiarazioni di alcuni politici locali testimoniate dalle cronache cittadine, risentirono fortemente del forte clima di contrapposizione e qualcuno cercò addirittura di etichettare il festival come il carnevale dei maoisti.

Il Karnhoval fu un’idea, alimentata anche da progetti impossibili da concretizzare, fu un richiamo che risuonò per il mondo ma che affondava le sue radici anche in ciò che a Rieti, Alberto Tessore e il vulcanico gruppo Llullallaco avevano già prodotto, nel sodalizio con il poeta globale Adriano Spatola protagonista ed ideatore di Parole sui muri, evento organizzato nel ‘67 a Fiumalbo, nel terreno fertile di artisti e liberi pensatori reatini che aderirono con entusiasmo mettendosi a disposizione e fornendo, come potevano, il loro contributo umano, artistico e professionale.

Il festival reatino si svolse dal 13 al 18 febbraio ma iniziò molto prima da quell’idea un po’ folle di Alberto Tessore e dal coraggio di qualche amministratore illuminato. Quell’utopia concreta, quel marasma di progetti provocatori e paradossali, quel progetto d’arte globale che intendeva superare i ruoli di artista e fruitore, quel furore iconoclasta contro i luoghi deputati e le convenzioni, contro l’ipocrisia e il consumismo, quel desiderio di portare la fantasia al potere, non si esaurì con una nevicata, seppur rovinosa.

Il Karnhoval, anzi, sembra essere stato generoso anche per chi non riuscì ad arrivare a Rieti per il maltempo. Lapo Binazzi, uno degli ideatori del gruppo fiorentino UFO, racconta che l’epopea dell’ANAS nacque proprio dal viaggio verso Rieti. Il gruppo aveva affittato un autobus con l’intento di sostituire l’acquedotto romano di Rieti con un gonfiabile. Durante una lunga sosta per la chiusura di un passaggio a livello, nelle vicinanza di una casa ANAS, giunse l’idea che caratterizzò a lungo l’attività del gruppo UFO, nato nel 1967 sull’onda della contestazione studentesca, all’interno della Facoltà di Architettura di Firenze.

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Il Carnevale internazionale degli artisti per alcuni versi, sembra aver rappresentato uno spartiacque. Esiste un prima e dopo Karnhoval eppure, la manifestazione oltre ad aver rappresentato un ponte tra Rieti ed il resto del mondo, tra la tradizione ed un possibile futuro, ha stimolato, più o meno inconsapevolmente, lo sviluppo di potenzialità creative inespresse o ancor poco manifeste, già presenti in città.

Si consideri che negli ultimi anni del decennio, il capoluogo sabino era divenuto con il Festival dei complessi, un importante luogo di passaggio e di condivisione per il mondo italiano del beat.

La partecipazione al Karnhoval della rock-band reatina Pozzanghere Bianche e l’utilizzo dei locali di alcuni clubs cittadini per dar vita a readings poetici, ricordano che nella gioventù reatina esisteva già una certa vivacità, testimoniata più dettagliatamente anche in un precedente numero di questa rivista. Da alcune testimonianze, tra cui quella del pittore reatino Vasco Ciaramelletti, emerge chiaramente quanto esperienze come il Karnhoval, abbiano non solo incuriosito alcuni giovani di allora ma siano state determinanti nelle loro scelte future, non solo in campo artistico: «…In seguito mi resi conto che fu importante per me quella prima volta che ebbi l’occasione di vivere quell’atmosfera di giovani artisti che creavano cose strane, che parlavano tra di loro di progetti. Certamente essa è stata determinante nella mia decisione di studiare arte e di dedicare tutta la mia vita alla pittura».

Molti dei giovani che parteciparono all’evento del ‘69 continuarono, anche successivamente a svolgere un’intensa attività culturale in città e tra questi, l’indimenticabile Enzo Palermo.

Tra i diversi artisti che parteciparono all’evento reatino, troviamo anche Ronal Burnett del Living Theatre. La presenza in quell’occasione di appartenenti al gruppo teatrale libertario, ha probabilmente favorito, nel decennio successivo, la rappresentazione al Flavio Vespasiano dello spettacolo Sette meditazioni sul sadomasochismo politico e nel 1981, uno stage di una settimana culminato con un happening nel centro storico che ancora una volta, lasciò un segno duraturo non solo nella storia del teatro reatino, ma nelle coscienze di molti. Se le novità e le modalità anche indubbiamente provocatorie degli happenings che animarono le vie e gli spazi del centro storico scandalizzarono molti, impressionarono e stimolarono anche tantissimi giovani. L’impianto di amplificazione, le apparecchiature per la proiezione e l’illuminazione psichedelica e naturalmente il suono della Edgar Broughton Band, tanto per fare un esempio, lasciarono il segno ampliando gli orizzonti e solleticando i desideri di tanti giovani e musicisti reatini. Un concerto del genere, a Rieti, non si era mai visto e sentito e questo non vale solo per le signore agghindate e convinte, visto che così indicava l’invito, di recarsi alla solita, tranquilla festa mascherata.

A questo proposito è utile ricordare quanto condiviso da Roberto Naspi, bassista de Le Pozzanghere Bianche in occasione del cinquantenario del Carnevale internazionale degli artisti: «… La Edgar Broughton Band fece delle cose talmente spaventose, sia per i volumi che per il sound, incomprensibile per allora, che, quando li sentimmo alla SNIA VISCOSA, noi, loro gruppo di spalle, ne rimanemmo folgorati».

Il Karnhoval fu un momento di rottura in un contesto internazionale e locale di grandi trasformazioni, di forte contrasto tra vecchio e nuovo.

Qualcuno sostiene, ragionevolmente, che Rieti non fosse ancora pronta a comprendere ciò che stava accadendo tra le sue mura secolari ma probabilmente, l’accoglienza non troppo entusiasta da parte della stampa locale e di parte della cittadinanza, non sarebbe stata diversa se il Carnevale degli Artisti si fosse svolto in tante altre città di provincia. A tal proposito, si ricordano, solo per fare degli esempi, i tanti spettacoli del Living interrotti dalle polizie di mezzo mondo, gli arresti sul palco di diversi musicisti oppure più semplicemente, quanto accadde al Festival di Spoleto del 1964, edizione in cui la presentazione dello spettacolo Bella Ciao fu oggetto di grandi polemiche e di scontro politico.

A Rieti, nel decennio successivo, come nel resto della Penisola, sbocciarono le radio libere e di movimento, le serate di poesia e di musica dal vivo, happenings politici e culturali e i giovani resero di nuovo vivibili i non-spazi e i luoghi abbandonati. Molti dei protagonisti di quegli anni, avevano vissuto il Karnhoval partecipandoci direttamente oppure lo avevano immaginato attraverso i racconti quasi mitologici, dei fratelli maggiori. No, non finì con una nevicata.