a cura di Andrea Scappa
Guido Accascina, siciliano d’origine, nel 1987 si trasferisce in Sabina e vi installa il suo laboratorio, dove crea e lavora insieme ad altri colleghi artisti. La scelta della provincia reatina appare casuale, come un punto indicato sulla cartina coprendo gli occhi. Accascina è in moto con un amico quando con la coda dell’occhio scorge un cartello “affittasi” tra gli uliveti. Si fermano, scendono e “inciampano” nel castelletto di Vezzano, a Montopoli di Sabina, che la signora Fiori, la proprietaria, dà in locazione. Da quel momento la sua terra d’adozione diventa la Sabina che gli ricorda molto la Sicilia, se non fosse altro che per la ricchezza di acqua e il verde imperante.
Accascina, in passato costruttore di barche a vela optimist per bambini, con una laurea in ingegneria, un passato professionale in una veleria a realizzare vele e aquiloni, nel 2001 decide di ristrutturare la stalla del castello per farne la sede del Modern Automata Museum. Modello d’ispirazione è il Cabaret Mechanical Theatre di Londra che dieci anni prima aveva stregato Accascina perché gli appariva come «L’Aleph di Borges, cioè un posto molto piccolo da cui però si poteva osservare tutto il mondo perché la fantasia degli artisti di questo museo era veramente gigantesca». Ben descritto da questa illuminante frase, il Modern Automata Museum riunisce circa trecento automi commissionati da Accascina a venti artisti, provenienti da tutto il mondo e che sono i principali costruttori di automi, tra cui abbiamo Neil Hardy, Keith Newstead, Keisuke Saka, Paul Spooner, Carlos Zapata.
Accascina ci spiega che gli automi moderni rispetto agli automi del passato hanno il meccanismo a vista e non imitano la realtà ma la sbeffeggiano innescando in chi guarda sorpresa, divertimento e riflessione. Così gli automi, una volta azionati, sprigionano storie surreali. Un gatto accoglie in estasi i pesci che gli saltano inaspettatamente in bocca, un ippopotamo sbuca da un albero spiazzando un cacciatore, un pinguino sviene dopo aver scoperto che il figlio appena nato è maculato, la mosca da esca diventa pescatore: questi sono alcuni dei racconti degli automi che Accascina ci mostra.


I materiali utilizzati sono semplici e facilmente lavorabili, legno, plastica, cartone. La realizzazione degli automi può avvenire o con parti precostituite o anche con materiali di scarto e riciclo. In questo senso quando il Modern Automata Museum è stato ospitato al Festival della Letteratura di Mantova ex flaconi di detersivi e saponi sono stati ritagliati, assemblati, messi in movimento dall’artista Keith Newstead che ha tenuto in quel contesto un laboratorio di costruzione di automi. Chi realizza gli automi deve possedere competenze artigianali, meccaniche e artistiche. Per costruire un automa occorre conoscere le sette regole del movimento come le note musicali. La vicinanza con la musica è calzante, se si pensa che la creazione degli automi è un po’ come scrivere una partitura ben definita seguendo determinati criteri.
Oggi gli automi del Modern Automa Museum, sfrattati dalla sede museuale prima dalle scosse del 2016 poi dalle lungaggini burocratiche del post sisma e dal disinteresse crescente delle istituzioni, come in un parcheggio-deposito, sono stipati sotto i letti, opportunamente rialzati, dell’abitazione di Accascina. Sono lì, muti ma speranzosi, pronti a tornare nel Museo e a essere rianimati dalle tante persone che vorranno ascoltare le loro storie.