di Andrea Scappa
“Un tempo sospeso” sono le tre parole scritte nel post-it che abbiamo appuntato sull’homepage del nostro sito. È un post-it perché sappiamo che arriverà il momento di accartocciarlo, staccarlo, incorniciarlo come un cimelio o scarabocchiarlo.
Per il momento un tempo sospeso è quello in cui stiamo vivendo. Abbiamo deciso di attraversarlo insieme a voi proponendo e mixando vecchi e nuovi contributi, guardando con occhi diversi le foto, le memorie orali, le parole raccolte in questi tre anni di girovagare consapevole nel passato e nel presente di Rieti e della sua provincia.
Ci saranno una serie di percorsi su cui alterneremo la nostra traversata. Preparatevi a frugare nei vostri ricordi, nelle foto che avete nel cassetto, nel filmino che non guardate più da una vita, in quegli odori e suoni antichi che si riaffacciano.
Cominciamo oggi con il primo percorso “La mia casa è…”. In queste settimane, in cui non si può andare oltre le pareti domestiche, vi portiamo a fare dei giri sul territorio reatino. Saranno delle piccole esplorazioni in luoghi pubblici e privati, al chiuso e all’aperto, che non ci sono più o che ora non possiamo visitare. Spazi che, nel tempo forzatamente allungato, possano diventare rifugio, piazzola di sosta, oasi e quindi anche una piccola e momentanea casa. Ambienti che consentano di riappropriarci, seppure solo virtualmente, di gesti e consuetudini e di scambiare due parole con le persone di un mondo andato.
«Chi mi ha messo in testa di fare questo strano mestiere? Per primo, Fabrizio De André, scoperto sui banchi del liceo. Cercavo di imitarlo in tutto. Anche esteticamente. Aveva questi capelli che gli scendevano di lato, mi piaceva da morire. Una volta andai dal barbiere con una sua foto per avere un taglio uguale, e lui: non posso, non hai i capelli lisci. Ci rimasi malissimo». [Francesco De Gregori]
Rieti, 1967, salone di Luigi Fiori, parrucchiere e acconciatore. Il rumore delle forbici è coperto dal mangiadischi, uno dei primi in città, che spruzza fuori la voce di Fabrizio De André. I clienti inspirano gli effluvi della lacca e della brillantina, parlottano e sfogliano svogliatamente le riviste. Un ritaglio della rivista «Eva» è appeso a una parete, quella con i 988 voti con cui Luigi, due anni prima, ha vinto l’Oscar Nazionale dell’Acconciatura, primo classificato nella provincia di Rieti. Al ritaglio fa l’occhiolino la statuetta del premio, una donna che accarezza la sua lunga treccia. La statuetta troneggia nella vetrina, accanto a ripiani di prodotti per la cura dei capelli, profumi, creme, trucchi. Alle spalle della vetrina ci sono le postazioni dove Luigi taglia, acconcia, stira le ciocche di uomini e donne. Tra gli specchi e i caschi per la permanente c’è anche una lampada al quarzo per indorare la pelle. Luigi è più di un coiffeur. Il suo è un salone di bellezza, dove la vanità e il bello possono essere accontentati. I clienti lo sanno e siedono in attesa, nella parte antistante del negozio che si affaccia su piazza Oberdan. Visto dalla strada, sembra un acquario.
Se vuoi tuffarti, prosegui l’esplorazione nell’articolo.
